domenica 11 gennaio 2009

LE RAGIONI DELL'UNO E DELL'ALTRO

RIPROPONIAMO L'ARTICOLO DI ADDIO DI SANSONETTI CHE OGGI LIBERAZIONE HA PUBBLICATO IN PRIMA PAGINA seguito per tutte le pagine del giornale (ci chiediamo se sia giusto far pagare 1,90 euro per un giornale così concepito) da articoli di suoi simpatizzanti e collaboratori.. quel che ci preme far notare è la malafede voluta di chi, come lui, sta da giorni e giorni coprendo di menzogne la storia recente di Rifondazione, dichiarare che Rifondazione rimpianga il muro di Berlino è una bassezza che saremmo aspettati dai peggiori detrattori.. e veramente siamo sbalorditi da cotanta cattiveria fasulla. Rifondazione in nome "di una presunta unità della sinistra" si appresta a vivere l'ennesima scissione forzata, peccato, il nostro progetto non può essere rifondare un partito comunista compatibile con il liberismo ma, come dalla sua nascita un partito comunista che stia dalla parte dei lavoratori, di chi vive e sopravvive di reddito da lavoro o da pensione, un partito che non cerchi di accomodarsi nelle nicchie che il potere gli concede ma che combatta il potere con le regole che il potere gli ha sottratto.. comunque.. a voi trarre le conclusioni che ritenete.. nel frattempo sappiate che chi persegue una "Rifondazione Irriconoscibile" è chi ha deciso di giocare con le carte che la destra gli concede senza nemmeno provare a ribaltare il tavolo da gioco . A SEGUIRE TROVERETE LA RISPOSTA DI FERRERO NELLA QUALE CI RICONOSCIAMO TOTALMENTE..tra l'altro il segretario rinnova ancora oggi l'invito agli "scissionisti" ad entrare nella segreteria del partito per ua gestione UNITARIA dello stesso

Piero Sansonetti

Ieri pomeriggio, nella sede del giornale,
abbiamo brindato, interrompendo
per una mezz’ora il lavoro. Abbiamo bevuto
champagne e mangiato pasticcini, scherzando e scambiandoci gli auguri. Perché? Perché siamo gente strana, e infatti - come dice il titolo - in questi anni abbiamo fatto un giornale strano.
Quando siamo tristi, a noi viene voglia di scherzare, di godere un po’.Ieri eravamo tristi. Perché quello che va oggi in edicola è l’ultimo numero di un “ciclo” che è durato molti anni, ed è stato
importante nella storia del giornalismo italiano. Liberazione giornale vero, autonomo, libero, impertinente, che dà fastidio a tutti e non si fa intimidire da nessuno. E’ una storia che dura più o
meno da 15 anni, e cioè da quando il quotidiano uscì per la prima volta, diretto da Lucio Manisco. E che ha avuto tra i suoi protagonisti un grande, come Sandro Curzi. E’ la conclusione di un ciclo perché la maggioranza del Prc, partito editore del giornale, ha deciso di mettere la parola
fine alla storia dell’autonomia e di nominare un commissario politico che garantisca la

sottomissione del giornale alla linea del partito e alle sue esigenze. Davvero è un peccato.
Mi hanno detto - i dirigenti di Rifondazione- che devo andarmene perché non rispetto la linea del partito. Anzi, mi hanno detto che la contrasto apertamente. Mi sono chiesto: ma qual è la linea
del partito? Quando Liberazione l’- ha contrastata? Quando si è battuta, più di ogni altro
giornale, contro l’insicurezza e gli infortuni, e i morti sul lavoro? Quando ha gridato contro il patriarcato, contro il maschilismo, ha raccontato che in questa nostra società, da millenni, c’è una
lotta tra i sessi? Quando si è trovata abbastanza sola nella battaglia senza quartiere al razzismo, per la difesa dei rom, degli stranieri, contro i quali il centrosinistra aveva emanato un decreto
inaccettabile, e che ha aperto la strada alla Lega? Quando ha organizzato la grande manifestazione del 20 ottobre del 2007 (insieme al manifesto e a Carta) che teneva insieme diritti civili e sociali, metalmeccanici e gay, femministe e anticlericali, pensionati e studenti? Oppure Liberazione ha violato la linea del partito quando ha chiesto che tutti i migranti potessero entrare in Italia - stracciando tanti principi del senso comune - quando ha denunciato i Cpt e il blocco navale nel Mediterraneo - che ha prodotto migliaia di morti - o gli accordi con gli aguzzini della Libia? Ha contrastato la linea quando ha denunciato
le dittature, anche quelle comuniste, ha preso le distanze dal castrismo, ha condannato la Cina? Quando si è scagliata contro la riforma della scuola? Quando si è schierata con l’indulto? Quando ha fatto una bandiera del garantismo? Quando ha detto che la libertàè un valore che viene prima di tutto e che non può essere in nessun modo limitato, o ridotto, o subordinato? Oppure quando ha cercato di contrastare la riforma delle pensioni, quando ha fatto dei diritti dei lavoratori, e dei loro salari, l’asse centrale della sua idea di economia? Sono sempre stato convinto che la linea di un partito dovrebbe riguardare queste questioni. Invece, mi pare di avere capito che mi si imputa di violare la linea perché varie volte ho sostenuto che la sinistra non dovrebbe restare rinchiusa dentro le gabbie di piccoli partiti, ma dovrebbe allargarsi, aprirsi, unirsi. E’ questo il reato di lesa maestà. Ne ho dedotto che la linea consiste non in un progetto di società ma semplicemente nella propria dichiarazione di esistenza. La linea che oggi ha Rifondazione, mi pare, può essere riassunta così: «Rifondazione esiste, punto e basta». E se è così, è vero: Liberazione è stata fuori linea. L’altro giorno Paolo Ferrero mi ha detto che a lui dispiace che sia andata a finire in questo modo. E che se io dopo il congresso di Chianciano non avessi «alzato il tiro», cioè reso sempre più polemico il giornale, si sarebbe trovata una soluzione. Sarà. Ma io non ho affatto alzato il tiro. Le provocazioni più ardite, Liberazione le ha lanciate prima del congresso di Chianciano. Quando ha titolato sul famoso «oltre Rifondazione», quando ha fatto la polemica su Cuba, i titoli choc sul «maschio assassino», quando ha proposto che Rifondazione uscisse dal governo, eccetera eccetera. Allora il partito reagì, qualche volta protestò, litigò con noi, ma a nessuno venne in mente di cacciarmi o di normalizzare il giornale. Non gli passava neanche per la testa. Ritenevano l’autonomia una cosa seria e inviolabile. La verità è che il tono non lo ha alzato il giornale, ma il partito. Che ha cambiato repentinamente tutte le sue posizioni. Che è arrivato fino ad esaltare il muro di Berlino, il comunismo di Honecker, di Breznev, di Gomulka. Noi abbiamo cercato solo di resistere, di mantenere vivo il cammino che la sinistra, e il comunismo italiano, avevano percorso in tutti questi anni, e che ora - scusatemi se cito Bertinotti, ma io stimo molto Bertinotti e gli sono grato per tante cose - ora è del tutto irriconoscibile. Io pensavo che Ferrero, che non è uno stalinista come molti suoi compagni di viaggio, avrebbe potuto farsi forza con Liberazione, con le sue battaglie, per evitare di finire prigioniero......
RISPOSTA DI FERRERO

....da una decina di giorni è cominciata una nuova campagna stampa: riguarda il fatto
che la Rifondazione Comunista di oggi non avrebbe nulla a che fare con la storia di questi anni, sarebbe una “Rifondazione irriconoscibile da quello che abbiamo costruito insieme in questi anni”. Io penso che questa campagna, che fa leva in particolare sulla scelta di cambiare il direttore di “Liberazione” - come dimostra il giornale di oggi - sia finalizzata a legittimare la scissione che alcuni compagni e compagne stanno preparando. In fondo la logica è semplice: Rifondazione non è più quella di una volta per cui si può, anzi si deve andare via, in nome di una coerenza con Rifondazione stessa. In qualche modo ci troviamo di fronte ad un classico: ogni scissione nella storia del movimento operaio è stata giustificata in nome dell’ortodossia; in altri anni si faceva in nome di Marx e della rivoluzione, oggi...
Il fatto che io pensi che vi è un intento del tutto strumentale e politico dietro a questa campagna
mediatica sullo stravolgimento di Rifondazione Comunista, nulla toglie al fatto che questa tesi deve essere affrontata e discussa con attenzione. Proverò a farlo qui di seguito con tre riflessioni.
In primo luogo non è la prima volta che Rifondazione Comunista viene accusata di tradire se stessa. Ad esempio dopo la rottura con il primo governo Prodi venimmo inondati di insulti e ci venne imputato di essere usciti dalla tradizione del comunismo italiano. Si disse che Rifondazione era diventata un partitino estremista e gruppettaro. Ci fu una polemica feroce sul fatto che la votazione che decise l’uscita dal governo avvenne rompendo la maggioranza congressuale e con il
voto determinante del compianto Livio Maitan, che aveva con qualche altro compagno il torto storico di essere troskista. Venimmo accusati di fare un accrocco tra stalinisti, troskisti e gruppettari guidati dal “parolaio rosso”. Fausto Bertinotti venne insultato in modi irripetibili –ricordo una tragica Perugia Assisi –, attaccato e bistrattato, descritto nei modi peggiori sia sul piano politico che personale. La mia stima per Bertinotti crebbe di molto in quel passaggio in cui lui sopportò tonnellate di insulti in nome di una prospettiva politica difficile. Io da questo trarrei una prima considerazione: quando Rifondazione svolta a sinistra, rompendo gli elementi di comunanza di ceto politico e ripropone il tema della trasformazione sociale come elemento fondante il proprio agire e non solo i propri discorsi, il tentativo di distruggerla scatta immediatamente. Non attraverso la repressione ma attraverso la denigrazione: tanto più feroce
quanto è alto il grado di vicinanza politica del denigratore. In secondo luogo è bene chiedersi se la storia del Prc possa essere utilizzata come un tutt’uno da cui oggi staremo fuoriuscendo. Io penso
che la storia di Rifondazione sia una storia assai varia a articolata, con cambiamenti, rotture, svolte a 180 gradi. Il Prc ha avuto – se ho contato bene – almeno 5 scissioni. Da destra sulla vicenda del governo Dini, poi sulla vicenda del governo Prodi; da sinistra, quella di Bacciardi e poi
ancora con il secondo governo Prodi, Ferrando e - dopo l’espulsione di Turigliatto – i compagni di sinistra critica. Senza arrivare alle scissioni, abbiamo avuto la RifondazioneComunista “cuore dell’opposizione” guidata dal compagno Garavini, fatto fuori da segretario in drammatici Cpn. L’elezione di Bertinotti nel Congresso successivo con la proposta di unità del fronte progressista. Poi abbiamo visto la rottura di quella maggioranza congressuale sulla vicenda del governo Dini e l’ingresso in maggioranza di una parte delle minoranze congressuali. In seguito abbiamo avuto l’alleanza con Prodi nel 1996, poi la rottura, con la scissione di Cossutta, poi la teorizzazione delle due sinistre, la partecipazione al movimento di Genova con la teorizzazione che lo sbocco politico del movimento era il movimento stesso, salvo poi decidere di costruire l’Unione partecipando a
pieno al secondo governo Prodi; da ultimo la Rifondazione Comunista che partecipa alla Sinistra
Arcobaleno con Bertinotti che - pochi giorni prima delle elezioni – ci dice dover diventare il primo passo di un nuovo partito politico. Potrei continuare ma è chiaro che dipingere come un fenomeno unitario la storia di un partito che ha avuto queste traversie è una completa mistificazione. La storia di Rifondazione è una storia travagliata con grandi crisi, rotture, discussioni, in cui le stesse persone – a partire dal sottoscritto - hanno giocato ruoli diversi nelle diverse fasi. Nella Rifondazione che abbiamo costruito insieme in questi anni vi è quella che vota con Maitan l’uscita dalla maggioranza di Prodi, vi è quella che espelle Turigliatto per stare dentro la maggioranza di Prodi. Vi è quella che partecipa alle giornate di Genova e ai Social Forum e quella che al Congresso di Venezia blinda la maggioranza e indica alla minoranza la porta. Storia
travagliata con un punto che - nel bene e nel male - mi pare abbia caratterizzato tutta la storia del Prc: sostanzialmente ha sempre prevalso la democrazia rispetto ad una gestione oligarchica che prevale in altri partiti. Nel bene e nel male è stato così all’inizio, con la defenestrazione di Garavini che ha aperto la strada alla segreteria di Bertinotti; è stato così quando è stato messo in minoranza Cossutta, è stato così nel Congresso di Chianciano. La vera essenza della Rifondazione Comunista, il filo rosso della nostra storia che oggi si vuole mettere in discussione è proprio questo: la possibilità per gli iscritti e le iscritte di decidere liberamente del destino della propria organizzazione politica, della propria comunità. Anche , ci si permetta, del direttore di “Liberazione”. Il fatto che tutti noi abbiamo attraversato questa storia e queste contraddizioni, a volte in maggioranza a volte in minoranza, non autorizza nessuno a rivendicare una Rifondazione Comunista autentica da brandire contro qualcun altro come una clava. La pubblicazione della Storia del P.C.(b) dell’Urss da parte di Stalin aveva lo scopo di legittimare le sue aberranti pratiche politiche e il suo gruppo dirigente. Mi parrebbe opportuno evitare una operazione simile in cui la storia di Rifondazione viene riscritta ad uso e consumo di delegittimazione di un gruppo
dirigente e di legittimazione di un altro. Il punto su cui ragionare senza infingimenti – e questa è la mia terza considerazione – è una relazione critica con la nostra storia, quella vera, con i suoi travagli, le sue contraddizioni. Sinteticamente la mia idea è che occorre riprendere il filo della Rifondazione della rottura con Prodi, delle due sinistre e di Genova e occorre buttare la Rifondazione del Congresso di Venezia e delle segreterie di maggioranza. Per questo ripropongo
anche oggi la gestione unitaria del partito. Il partito è di tutti, maggioranza e minoranza, lo si gestisca insieme, invece di produrci unicamente in delegittimazioni reciproche.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Da elettore di rifondazione penso si tratti di una gravissima crisi terminale ed io la vedo così.
Nel '96 Rifondazione raccolse oltre l’8% dei voti.
Qualcuno fu deluso: i sondaggi pronosticavano di più.
Anni prima, quando nacque Rifondazione comunista comprendeva, tra i dirigenti, personalità oggi nel PD, che si staccarono per fondare i "comunisti unitari", presto confluiti nei DS. Quindi da Rifondazione si staccò la componente di Cossutta e dei suoi delfini Rizzo e Diliberto. Nel 2006 Ferrando se ne va e fonda il P C L cellula dal mezzo punto percentuale, poco dopo lo segue Turigliatto anima irrequieta e fa di tutto per farsi cacciare, non esce dal parlamento ma poi fonda sinistra critica altra cellula con mezzo punto percentuale.
Ora la domanda è: ma come facevano, all'inizio, a stare insieme? Cosa li legava?
Un'appartenenza, una speranza o un'idea, anche solo quella di resistere ..ma a chi?
Bisognerà pure capire perché Ferrero poteva seguire Bertinotti ed ora non può più dialogare con Vendola e viceversa, o forse, vista l'aria che tira, qualcuno teme di raggiungere e superare l'8% di tanti anni fa?
Ma non potrebbero fare LA SINISTRA e basta?
Possibile che non riescano a convivere certi personaggi?
Come dice Obama, il mondo oggi è cambiato, la politica deve rinnovarsi, cambiare si può!
Ma mi domando: mi toccherà votare Di Pietro la prossima volta?

Elio

Rifondazione ha detto...

caro Elio
tu voteresti un sinistra che vede Veltroni (con la sua deriva continua verso il centro, con il suo orgoglioso dichiarare di non essere mai stat comunista) e Ferrero che sta cercando di rimettere, anche Rifondazione, sui binari, che avevamo lasciato un paio di anni fa per seguire un legittimo (ma prevedibilmente fallimentare)sogno governativo a fianco dei Ds ? le elementari regole del buon senso dicono che quando si sbalgia strada accanirsi nel ripercorrerlaè diabolicamente sbagliato, da qui la .."scissione" con vendola e gli altri.
Ferrero ha, come da buon senso, invitato tutti a restare nella segreteria per trovare una "quadra"e una linea comune che accontentasse gli uni e gli altri.. non è stato possibile.
ora.. noi siamo alla ricerca di altre forze politiche di sinistra disposte a collaborare, a far fronte comune almeno su 4 / 5 punti programmatici.. non ci crederai ma non si è riusciti manco ad arrivare a parlarne di quei punti.. ci è stato detto NO e basta.
se per te varrebbe la pena cancellare il nostro simbolo(ed ammettere così implicitamente che ce ne vergognamo)e confluire zitti zitti in una coalizione dove ancora una volta si dovrà fare quello che dicono LORO (PD)..bhe per noi è troppo. noi non abbiamo nulla di che vergognarci e quindi chiunque accetterà di ridiscutere le regole di questo "sistema mercato"che ci opprime, ci vedrà al loro fianco.. chi ne accetta le regole e con quelle regole.. pretende di cambiarlo.. non può che vederci per lo meno fortemente diffidenti